Giuseppe Arezzi. Sono un designer indipendente
Classe 1993, Giuseppe Arezzi è un designer indipendente di base a Ragusa con lo sguardo rivolto al mondo. Nel suo lavoro intreccia il territorio in cui vive e “linguaggio globale“. “Il design – ci racconta – può sicuramente parlare di territorio ma bisogna stare attenti a non cadere nei cliché e riuscire sempre ad aggiungere nuovi strati di contemporaneità, rispetto a quello che è stato già fatto.” A lui abbiamo rivolto qualche domanda per conoscere di più il suo lavoro e il punto di vista di chi ha deciso di fare il designer da sud.
“Giuseppe Arezzi is an Italian Interior and Furniture Designer”. Quindi?
Sono un designer indipendente. Con il mio studio a Ragusa progetto mobili, oggetti, installazioni e interni, collaborando con istituzioni, editori, aziende, artigiani e clienti privati. In parallelo, sono anche docente di progettazione all’accademia Abadir di Sant’Agata Li Battiati. Sia per il lavoro in studio che per quello in accademia con i miei studenti, porto avanti la stessa ricerca legata alla mia esperienza e al mio territorio d’origine: sono interessato alla rilettura contemporanea degli archetipi funzionali non più in uso, alla salvaguardia delle tradizioni artigianali, e ai temi della trasformabilità e della multifunzionalità. Cerco di portare innovazione dove manca provando ad avere sempre un linguaggio globale: quest’ultimo credo sia imprescindibile per chi fa design oggi. Il design può sicuramente parlare di territorio ma bisogna stare attenti a non cadere nei cliché e riuscire sempre ad aggiungere nuovi strati di contemporaneità, rispetto a quello che è stato già fatto.
Se invece facciamo un passo indietro, qual è il tuo percorso, come sei arrivato a fare quello che fai?
Sin da quando ero bambino una delle mie più grandi passioni sono stati gli oggetti, specialmente i mobili: vocazione familiare! Questo mi ha spinto a studiare dal 2011 per 5 anni Design degli Interni al Politecnico di Milano.
Subito dopo la laurea, nel 2016 iniziano le prime collaborazioni, per gavetta, con un paio di studi Milanesi e di pari passo ho iniziato a lavorare sui miei primi progetti.
Poi nel 2018 incontro Margherita Ratti, editrice illuminata e talent scout che sotto il nome della sua etichetta “It’s Great Design”, produce i primi oggetti che mi hanno permesso di far conoscere il mio modus operandi da progettista. Oggi It’s Great Design rimane la mia collaborazione più sperimentale che mi ha permesso anche di approcciare progetti di stampo più industriale come gli ultimi lavori con Campeggi, Lispi e Nerosicilia.
Insomma, dal progetto di laurea magistrale sono già passati 8 anni e da allora non mi sono mai più fermato!
Una parte della tua attività è legata alla formazione, qual è il tuo approccio all’insegnamento?
Dopo diverse attività di didattica in realtà milanesi come il Politecnico, la Domus Academy e lo IED, nel 2021, data che coincide con il mio rientro in Sicilia, decido di accettare l’invito e la sfida della direttrice Lucia Giuliano di entrare a far parte dei docenti dell’accademia Abadir a Sant’Agata Li Battiati. Sin da subito, essendo la posizione geografica di questa scuola, totalmente dislocata rispetto ai territori tradizionali del design, decido che la mia volontà, in linea con quella dell’accademia stessa, sarebbe stata quella di provare a formare studenti consapevoli della propria terra e in grado di camminare con le proprie gambe avendo una visione critica e avanguardista: fondamentale per un’isola così piena di cliché come la Sicilia. Inizio con il corso di “Tipologia dei Materiali” al primo anno, dove racconto principalmente le materie locali e tramite delle visite in realtà produttive all’avanguardia i ragazzi possono toccare con mano e conoscere più da vicino le lavorazioni manuali e industriali.
Al terzo anno, dirigo il corso annuale di progettazione “Design 3” che quest’anno ho deciso di intitolare “Mediterraneo Operandi”. Con gli studenti, come se fossimo in uno studio di design, stiamo lavorando in collaborazione con diverse aziende del sud Italia, che ci stanno aiutando a produrre i prototipi di veri oggetti, per raccontare una nuova cultura mediterranea. I risultati di questo esperimento saranno presentati prossimamente all’interno di una mostra che ci auguriamo possa essere itinerante per far conoscere a più persone possibile un nuovo modo di progettare più territoriale ma allo stesso tempo in grado di stare al passo con i tempi perchè utilizza linguaggi contemporanei e tecniche di lavorazione attuali e sofisticate. Infine con il corso di “Progettazione della Professionalità”, guido gli studenti in dirittura d’arrivo alla fine del percorso triennale, a raccontarsi in maniera professionale per essere competitivi nel mondo del lavoro. In questo laboratorio gli studenti imparano a scrivere una lettera di presentazione, a costruire il loro portfolio e soprattutto li spingo a trovare una propria identità da progettista.
Parliamo un po’ del tuo processo creativo e produttivo: materiali, territorio, committenti. Come si intrecciano questi elementi e quali sono i passaggi che ti portano da una idea ad un prodotto?
Il mio lavoro è anche fatto da tutto quello che vedo e che mi sta intorno: da un lato sono circondato, grazie alla mia famiglia, da spazi contemporanei e da oggetti di design d’autore, dall’altro da mondi rurali, paesaggi di campagna e semplicità primordiale.
Per fare un esempio concreto, il connubio di questi due mondi, ha dato vita a uno dei miei progetti più importanti, “Carruba”, l’omaggio più sentito al mio territorio. Questo nuovo souvenir, nasce dalla voglia di Margherita Ratti, la mia editrice, di spingermi a lavorare sul racconto della Sicilia sud orientale con una nuova lente.
Carruba è la riproduzione in alluminio del frutto dell’albero del carrubo, pianta secolare e autoctona dei Monti Iblei. Il carrubo qui cresce ovunque e i suoi frutti fanno parte di un’economia florida di questo territorio. Grazie a una fusione in sabbia di alluminio e successivamente a una lavorazione manuale, totalmente locale e a km0, si ottengono delle riproduzioni in scala reale e sempre diverse di questi frutti, che oltre ad essere a disposizione del turismo in contrapposizione ai classici souvenir di massa, oggi sono state anche scelte dal Comune di Ragusa come simbolo istituzionale. Inoltre lo Chef 2 stelle Michelin, Ciccio Sultano, utilizza Carruba come supporto per un dessert della piccola pasticceria all’interno del ristorante Il Duomo a Ragusa Ibla.
Nel tuo sito vedo che nel 2024 hai avuto un lavoro esposto ad Hong-Kong e che al Salone hai presentato un lavoro specifico. Mi parli meglio di questi due progetti?
La mostra di Hong-Kong, è la seconda tappa del progetto espositivo “Italy: A New Collective Landscape”. Questa mostra, inaugurata per la prima volta all’ADI Design Museum di Milano nell’Aprile 2023, vuole essere una mappatura del lavoro di 100 designer under 35 che stanno scrivendo un nuovo modo di fare design in Italia. Per l’occasione la curatrice Angela Rui, ha selezionato la mia ricerca sull’intreccio del midollino fatta per It’s Great Design.
Nella mostra di Milano ho presentato l’oggetto sospeso Fiscella, punto luce e allo stesso tempo cesto contenitore, un progetto ibrido in ottone e intreccio di midollino che vuole dare una nuova immagine e un nuovo uso a una tecnica artigianale antica.
Da Gennaio 2024, all’HKDI Gallery di Hong-Kong, ho presentato il progetto “I Panieri”, una coppia di contenitori multifunzionali sempre in ottone e intreccio di midollino, che aprono a nuovi modi per servire il pane in tavola.
Ad Aprile 2024, in occasione del Salone del Mobile, ho presentato la mia primissima collaborazione con un’azienda storica. Si tratta del progetto “Brando” per Campeggi, marchio conosciuto in tutto il mondo per la produzione di arredi trasformabili. Questo nuovo progetto è l’interpretazione in chiave contemporanea del letto da campo a fisarmonica in legno di frassino e tessuto. Da chiuso brando è una seduta imbottita, una volta aperto diventa un comodo letto per un ospite o un daybed.
Quanto è dura fare il tuo mestiere da Ragusa?
Personalmente mi sento molto contento e allo stesso tempo privilegiato a poter fare il mio lavoro da Ragusa. Oltre ai progetti che seguo a distanza dal mio studio o viaggiando quando serve, sono anche molto interessato alla valorizzazione culturale del mio territorio.
Per fare alcuni esempi dal 2019 con l’editrice e curatrice Margherita Ratti, lavoriamo principalmente su progetti che raccontano le potenzialità della Sicilia sud orientale. Non a caso presentiamo per la prima volta le nostre novità tutti gli anni ad Agosto a Ragusa Ibla in Corso XXV Aprile, 56 all’interno di un piccolo spazio espositivo aperto al pubblico.
Lo scorso inverno, per coronare i primi 5 anni di collaborazione, Margherita ha deciso di dedicarmi una mostra personale a Dicembre 2023, “Giuseppe Arezzi: Oggetti Liberi”, nella chiesa di Sant’Anna a Modica, solitamente chiusa al pubblico, e che grazie all’intervento installativo del lighting designer Angelo Sansone ha permesso al pubblico di visitare questa importante architettura/cantiere in contrapposizione a quasi tutti i miei oggetti prodotti fino a quel momento. Poi c’è l’installazione site-specific del 2022 ElasetesalE x l’albergo rurale N’orma, ambientata nella campagna di Chiaramonte Gulfi, una fontana lunga 16 metri e costruita con 102 bottiglie impilate e sospese su esili cavalletti in ferro, che vuole denunciare lo spreco dell’acqua nel mondo.
E infine ho appena inaugurato (il 21 Giugno) in una delle sale di Human Forest – Palazzo Miccichè di Farm Cultural Park di Favara la mia nuova installazione site-specific e permanente “Campo” realizzata in collaborazione con l’azienda Nerosicilia, che attraverso un grande pavimento di piastrelle disegnate ad hoc, vuole dare valore a una tecnica produttiva nuova, inventata dall’azienda stessa che riutilizza frammenti di vetro di vecchi monitor di tv e pc per dare vita a nuovi decori.
Raccontaci meglio questo tuo ultimo progetto, come nasce e si sviluppa
Il progetto installativo “CAMPO”, nasce in occasione della prima quadriennale d’arte, diffusa e dedicata alla Sicilia, “Abbiamo Tutto Manca il Resto” ideata da Farm Cultural Park di Favara.
Andrea Bartoli fondatore di Farm mi ha invitato a ideare un’installazione permanente da lasciare negli spazi di Human Forest a Palazzo Micciché.
Così è nata anche la collaborazione con l’azienda di Comiso Nerosicilia, con cui stavo già dialogando da tempo su possibili progetti, e abbiamo deciso di sfruttare questa occasione per presentare la nostra prima collaborazione.
L’idea principale dell’installazione è quella di dare valore a una tecnica artigianale contemporanea, completamente sostenibile e locale, e vuole porsi come il simbolo del rinvigorimento produttivo e culturale di un territorio che abbandona i clichè per aprirsi a nuovi strati di contemporaneità. Attraverso un pavimento di mattonelle in pietra lavica quadrate lato 15 centimetri – decorate in vetro verde, ad astrarre geometricamente i motivi tradizionali delle maioliche siciliane – è riprodotto metaforicamente, un prato della campagna Iblea. Il decoro è realizzato interamente con l’uso di vetro ottenuto dal riciclo di monitor tv e pc dismessi.
La superficie di 21 metri quadrati del pavimento verde è scandita dall’inserimento di tre vasi-piastrella in pietra lavica con all’interno delle piante di carrubo, albero autoctono della campagna ragusana, luogo in cui Nerosicilia opera.
L’installazione CAMPO, è visitabile dal 21 Giugno a Human Forest/Palazzo Miccichè a Favara.
Domani: come ti vedi tra 10 anni?
Preferisco vivermi il presente! Sicuramente farò ancora il mio mestiere, non ho intenzione di cambiare!